Le prime notizie documentarie riferite a Castelnuovo riguardano un certo Adelperone de Castro Novo, che compare nel 1189 quale testimone di un’investitura vescovile avvenuta nella Valle del Chiese.
Un’altra notizia indiretta riguarda la vendita di alcuni beni situati in Valle di Non, e cita un certo Bursa de Castro Novo, personaggio ragguardevole, il cui figlio Federico si rende protagonista di numerose scorribande ai danni del principe vescovo. La ribellione, ben presto sedata da una coalizione vescovile, porta ad una dura condanna che avrebbe previsto l’abbattimento di Castel Nuovo e delle relative fortificazioni. Tuttavia la sentenza afferma che un ramo della famiglia, poichè non risulta implicato nelle attività criminose, ha il diritto di ricevere l’investitura feudale. Sebbene non siano chiare le sorti del castello, spicca l’operato dei Castelbarco che, appoggiando la volontà vescovile riguardo all’infeudazione dei Castelnuovo, riescono ad estendere il loro controllo anche su questi territori, sopraffacendo il casato ormai depotenziato. Nelle investiture del 1307 e del 1314 Castel Nuovo viene affidato a Guglielmo di Castelbarco, e alla sua morte passa al pronipote Aldrighetto, capostipite del ramo castrobarcense di Castel Nuovo – Castellano – Castel Corno.
Nel 1456 Giovanni Castelbarco si rifiuta di chiedere al principe vescovo l’investitura, sperando nell’appoggio del duca d’Austria. Il principe vescovo Giorgio II di Hack, da sempre in buoni rapporti con la famiglia Castelbarco, dinanzi al mancato riconoscimento della sua autorità decide di privare Giovanni di tutti i suoi possedimenti, e concede il suo beneplacito affinché Giorgio e Pietro Lodron pongano sotto assedio il castello. Dopo la resa il maniero viene concesso dal vescovo ai Lodron, che si insediano nel castello e avviano alcune opere volte al rinnovo delle difese della fortificazione.
Dopo essere stato teatro delle detenzioni e delle torture conseguenti ai processi per stregoneria protrattisi fino al 1717, a partire dagli inizi del XVIII secolo rimane disabitato, poichè i Lodron preferiscono risiedere nel palazzo di Nogaredo ed adibire il castello a dimora dei contadini che lavoravano i loro fondi.
E. POSSENTI, G. GENTILINI, W. LANDI, M. CUNACCIA (a cura di), Castra, castelli e domus murate. Corpus dei siti fortificati trentini tra tardoantico e basso medioevo. Apsat 5, pp. 117-124. Mantova 2013.
A. GORFER, I castelli del Trentino, vol. IV, pp. 372-418. Trento 1994.